Fronimo Dialogo di Vincentio Galilei Nobile Fiorentino, sopra l'arte del bene intavolare, et rettamente sonare la musica negli strumenti artificiali si di corde come di fiato, & in particulare nel Liuto. Nuouamente ristampato, & dall'autore istesso arrichito, & ornato di nouità di concetti, & d'essempi. - In Vineggia, appresso l'Herede di Girolamo Scotto, 1584 - in fol. Quattro carte non numerate in principio pel frontispizio, per la dedicatoria, e per la Tavola delle cose più notabili; poi facc. 182. (Eccone la dedicatoria):
«Al Molto Magnifico Sig. et mio Padrone Osservandissimo Il Signore Jacopo Corsi. Havendo gl' anni passati dato alla Stampa il presente mio Dialogo detto FRONIMO, scritto intorno all' arte del bene intauolare, et rettamente sonare la Musica negli strumenti, et in particolare nel Liuto, il qual Dialogo per quanto posso conoscere, non deue essere stato ingrato al Mondo, poi che per non trouarsene più alle Librarie, del continuo mi viene adimandato da diuerse parti: il cui rispetto ha mosso me non solo a riuederlo con diligenza, ma l' ho di maniera arrichito di nouità di concetti, et d'essempi, ch' io posso con verità dire hauerlo fatto diuenire vn' altro dall' esser suo primo, et volendo per il detto et altri rispetti darlo alla Stampa, m' è paruto conueniente il dedicarlo a V. S. non solo per mostrarle la memoria ch' io tengo delle molte cortesie che in diuersi tempi ho da lei riceuute, et il desiderio che ho di seruirla, ma per confarsi grandemente con quella parte de suoi studij, che tendono alla Scienza, et Prattica della Musica, nel qual Dialogo sono molte delle cose che lei ha da me (a sua richiesta) vdite, et molte altre di quelle ch' ella desidera vdire et intendere, come in leggendolo potrà sensatamente vedere. Accettilo adunque con lieto animo, si come tante volte si è degnata ascoltarmi, et mantengami in sua buona gratia, alla quale con ogn' affetto di cuore mi raccomando. Di Fiorenza il di vltimo d' Aprile. 1584. Di V. S. Affettionatissimo et obligatissimo seruitore VINCENTIO GALILEI.» Così ha fine il Discorso a cart. 1: «L' Autore ai lettori. ... Restami solo di preghare chiunque si degnerà legger questo mio Dialogo, che voglia scusarmi, se non gli parrà ch' io habbi fatto quello che meglio assai fare si poteua: riducendogli a memoria, che nessuna arte o scienza fu mai da vn medesimo in vn istesso tempo et trovata et complita, ma tutte da basso et debole principio cominciando, sono ite poi quasi per gradi ascendendo sin a quel colmo di perfettione a cui giunger si puote. Così spero io che debba auuenire intorno a quest' arte, la quale da me quasi tratta dalle tenebre (per non dir trouata) sarà poi co 'l tempo et arrichita et ornata. Vi s' aggiunge ancora gl' instantissimi preghi di molti amici miei che del continuo mi sollecitauano perch' io mandassi fuora questa mia fatica, ai quali in questo ho volsuto satisfare, che che di ciò auuenire me ne debba, ne si marauigli alcuno della mutatione di qualche essempio, poscia che questo si farà da me per comodo, et intelligenza maggiore di chi si piglierà cura di vedere queste mie fatiche, et per più ornamento et ricchezza di esse, promettendo con diligenza maggiore supplire al diffetto della prima impressione, che per fretta di vender l' opera, o per altro comodo dello stampatore in due libri la diuise, che uno esser douea, et intorno a gli errori de quali (per la poca sua cura) la prima non è senza.» Gl' interlocutori del Dialogo sono Eumatio e Fronimo. L' opera si divide in due parti: la prima ha fine alla facc. 42; e la seconda è compresa da pag. 43 a 182, in cui termina il libro. Quasi tutti i componimenti in musica posti dal Galilei in quest'opera sono in notazione di Liuto, oggidì quasi direi enigmatica: giacchè invano taluno si crederebbe d'apprendere il significato di quelle cifre, di que' segni, e di que' numeri colla lettura del presente Dialogo, siccome composto e pubblicato in un tempo in cui cotal maniera di notazione era a tutti notissima. Del Galilei v' hanno in note comuni a pag. 14 una canzone a tre Qual miracolo, amore, e a pag. 17 alquanti versetti a 4 voci del salmo In exitu Israel. Son pur dell' autore ventiquattro Ricercari a pag. 80-89, ma veggonsi colla notazione del Liuto; e in questa pure trovansi impressi da pag. 119 sino alla fine dell'opera i madrigali sottonotati d' autori italiani, tralasciando per brevità tutti gli altri de' compositori stranieri. Car. 119. Spontone Batolomeo. Ben sapevo io. a 5; Car. 120. Taglia Pietro. Se di penne giammai. a 5; Car. 121. Palestrina. Io son ferito ahi lasso a 5 (Vedi in fin dell'elenco); Car. 122. id. Il dolce sonno (a car. 26. Vestiva i colli pure a 5); Car. 124. Annibale Padovano. A qualunque animal. a 4, e un Ricercare a car. 4; Car. 128. id. Con lei fuss' io. a 4; Car. 128. id. Sì traviato è il folle. a 4; Car. 129. id. Cantai or piango. a 4; Car. 131. id. Dal più bel viso. a 4; Car. 134. Vinci Pietro. Amor m' ha posto. a 5; Car. 136. Donato Baldassarre. Deh! lascia l' antro ombroso. a 4; Car. 137. id. Dolor, se 'l mio dolore. a 5; Car. 138. id. Da quei bei crini. a 5; Car. 139. Striggio Alessandro. Fuggi, speme mia fuggi. a 5, (e altri ancora); Car. 140. Ruffo Vincenzo. Ma di che debbo lamentarmi. a 4; (E più oltre). Car. 140. Porta Costanzo. O del mio navigar. a 4; Car. 144. Ruffo Vincenzo. Deh porgi mano. a 5; Car. 145. id. Ben mio chi mi toglie. (Ed altri ancora), a 5; Car. 147. id. O dolci sguardi. a 5; Car. 147. Nanino Gio. Maria. Donna gentil a 5; Car. 148. id. Scoprirò l'ardor mio. a 5; Car. 151. Portinaro Francesco. Candida e ricca vela. a 5; Car. 152. Zoilo Annibale. Chi per voi non sospira. a 5; Car. 153. Giacomini Bernardino. Ma folle io spargo. a 5; Car. 154. id. La bella mano. a 6; Car. 154. Animuccia Giovanni. Alla dolce ombra. a 5. (Ed altri ancora); Car. 156. Pordenon Marcantonio. I dolci colli a 5; Car. ivi id. E quel cervo ferito. a 5; Car. 157. Dragoni Andrea. O dolorosi amanti. a 5; Car. 158. id. Eran sì chiari. a 5. Car. 158. Baccusi Ippolito. Per pianto la mia carne. a 5; Car. 159. id. Or pensate al mio mal. a 5; Car. 159. id. Sè m' è dolce il morire. a 5; Car. 160. id. Così vuol mia ventura. a 5; Car. 162. Primavera Leonardo. Mentre di pioggia. a 6; Car. 163. Del Pace Antonio. Ecco che pur dopo l' assenza amara. a 6; Car. 169. Ingegneri Marcantonio. Spesso in parte del ciel. a 4; Car. 170. id. Non mi tolga il ben mio. a 4; Car. 171. Contino Giovanni. Di men stupor sarìa. a 4; Car. 172. id. Chi vuol veder. a 5; Car. 173. id. Da mille gravi affanni. a 4; Car. 173. id. Sapete amanti. a 4; Car. 174. id. In qual giardin. a 4; Car. 56 e 47. Ferabosco. Io mi son giovinetta. a 4; Car. 53. Palestrina. Se tra quest' erbe e 'l fiore. a 5. Che altre cose sienvi del Galilei in istampa lo comprova questo squarcio del Dialogo presente a pag. 47, che quì trascriviamo: «Fronimo. Che canzone è questa? Eumatio. Vna canzone del Ferabosco a quattro voci, che comincia Io mi son giovinetta, e volentieri. Fron. Voi vi sete affaticato in vna cosa che s' è vdita mille volte; non l' hauete voi veduta vltimamente stampata nel primo libro dell' intauolatura del Galileo nostro? Eum. La ho veduta: et però ho voluto ancor io intauolarla, per veder poi come io m' appressaua al suo modo. Fron. Dite di gratia quello che v' è paruto di questo suo libro ? Eum. Molto bene in verità, ancora che a me, come a molti altri pareua che gli hauesse hauuto per far ciò, a torre canzoni piu nuoue, et piu difficili, perche con il loro mezzo saria maggiormente venuto à mostrare la sua arte. Fron. Anzi è venuto à far conoscere maggiormente la sua arte col mezzo di quelle canzoni antiche, et facili ecc.» E a pag. 104. «L' autore di questo Dialogo ... ha in esso Liuto intauolate tutte le buone musiche del mondo, et suonale con le corde ordinarie, senza che gli manchi alcuna cosa benche minima, in quel miglior modo forse, che dall'arte desiderar si possa, le quali a Dio piacendo (secondo che io odo da lui) vuole in breue mandare in luce, a commune benefitio di quelli che di tal professione si dilettano: tra le quali saranno canzoni Francese, Spagnuole, Italiane, et motetti che in tutto passeranno il numero di tre milia, in cento libri diuise. Ha in oltre tra sue et di altri, circa dugento Ricerche, et fantasie sopra diuersi soggetti, diuise in dieci libri, ha questo medesimo huomo tra le altre molte cose, composto più di cinquecento Romanesche, trecento Pass' e mezzi, cento Gagliarde tutte diverse, oltre alle molte arie sopra diuersi soggetti, et saltarelli, le quali tutte vuole dare alla stampa in altri dieci libri diuise. Gli ho veduto inoltre intauolare et sonare più volte musiche a quaranta, a cinquanta, et à sessanta voci ne mai per ancora (secondo che egli dice et spera in fatto mostrare) ha potuto trouar cosa chi per communicarla perfettamente all' vdito, l' habbia necessitato aggiungere al Liuto ordinario vna minima cosa, ecc.» Anche a car. 112 promettea il Galilei (sotto il nome di Fronimo adombrato) di voler dar in luce certe Canzoni Francesi da lui intavolate pel Liuto. Ecco le sue parole: «Eumatio. Hor che voi mi hauete ricordato le canzoni Francesi, vi prego che mi facciate gratia di quella che più volte hieri mi allegaste. Fronimo. Non ve ne curate adesso di gratia, perche io ne voglio in breue a Dio piacendo, dar fuore vna scelta di forse cinquanta bellissime, insieme con molte fantasie ch' io ci ho fatte sopra, che ci hauerete fra le altre quelle ancora.» Fra' celebri suonatori di Liuto numerati con gran lode dal Galilei in questa sua opera havvi Gian Paolo Paladino milanese (pag. 110), e Francesco da Milano (pag. 9, 24, e 111) del quale Schmid cita diverse intavolature in istampa. Riepilogando tutte le sovrapposte notizie, direm dunque che la prima edizione del Fronimo era rarissima sin dal tempo dell' autore; che riuscì scorretta, e che in questa stampa tanto s' aggiunse da farla quasi apparir cosa nuova. Veggasi sulla 1ª edizione nel Baini T. 1°, pag 295. Che del Galilei v'hanno nell' opera presente alcune considerazioni di musica, e che di lui debbe esservi alle stampe un primo libro d' intavolature, il quale secondo una nota ms. di pugno del P. Martini sarebbesi pubblicato in Roma. E' finalmente notabile la sorprendente quantità di lavori pratici di musica che dalla penna dell' autore eran usciti, e ch' egli divisava di far imprimere: il che per altro crediamo che non avesse effetto. Gio. Battista Doni nelle Annotazioni sopra il compendio de' Generi, e de' modi della Musica, Roma, 1640, a pag. 284, annovera il Galilei fra quei che si segnalarono pei primi nello stile Monodico o Recitativo. Veggasi lo squarcio del Doni nelle nostre note in fine del Dialogo d'esso Galilei.
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